Libro inventato: Il ritorno dei guerrieri (il titolo è DellAI, a me non piace, tuttavia avendolo iniziato a quattro mani [:-)] ...)
Introduzione
In ogni civiltà, in ogni tempo, c'è stato qualcuno che è tornato dalla guerra. Ma non sempre è stato accolto, riconosciuto, ascoltato. Il reduce è una figura ambigua: glorificata o temuta, santificata o respinta. Non è soltanto un ex-combattente, è colui che attraversa un confine: tra la violenza e la pace, tra la memoria e l'oblio. In questa traversata, individuale e collettiva, si gioca una parte cruciale della storia umana.Questo libro propone una storia planetaria del reducismo. Non una semplice sequenza di ritorni, ma l'emersione di un paradigma culturale: quello che trasforma il guerriero in un cittadino (o in un reietto), che ricostruisce il corpo sociale intorno alla cicatrice della guerra. Un paradigma che muta, si adatta, si ripresenta.
Useremo il termine "reducismo" per indicare non solo l'esperienza del ritorno dal fronte, ma anche le forme istituzionali, narrative e simboliche che hanno dato forma a questa esperienza nel tempo e nello spazio.
La nostra indagine è comparativa e diacronica. Dall'Odissea alla guerra in Afghanistan, passando per le guerre di religione, Napoleone, le due guerre mondiali, le lotte di decolonizzazione, il reducismo è un filo rosso che attraversa la storia. E con esso la domanda: cosa accade quando il combattente torna a casa?
Parte I – Le origini del ritorno
1. Il guerriero dell'antichità
La prima narrazione organica del reduce è l'Odissea. Odisseo non è solo l'eroe dell'ingegno, è colui che non riesce a tornare, che ritarda, che si perde. Il suo ritorno è una prova: riconquistare il proprio posto, la propria identità, perfino il proprio nome. Questo racconto fondativo struttura per secoli l'immaginario occidentale del reduce.
Nell'antica Roma, il ritorno del soldato è codificato: il "triumphator" riceve onori pubblici, terre, un'integrazione simbolica. Ma accanto a lui, decine di migliaia di soldati smobilitati affollano l'Urbe, spesso disoccupati e privi di assistenza. Le guerre civili del I secolo a.C. sono anche guerre di reduci, organizzati da generali carismatici (come Mario, Silla o Cesare) che promettono compensi ai veterani.
La figura del reduce romano è dunque doppia: da un lato, cittadino premiato; dall'altro, minaccia politica. Lo stesso Catilina, nel 63 a.C., arruola molti veterani insoddisfatti per la sua congiura. Già qui vediamo una costante del reducismo: il rischio della radicalizzazione del combattente emarginato.
[continua con il prossimo capitolo...]
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