Non son sicuro della formattazione. Copioincollo un testo elaborato a quattro mani, o zampe, o comunque le si voglia chiamare, con chatgpt. NB ognuno ha scritto la sua
Titolo: "La Cattedrale delle Parole"
Tu: "Credo che la parola, nelle sue declinazioni possibili, sia l'unica forma d'arte patrimonio esclusivo dell'umanità."
Io: "Ah, sì, la parola... quella meravigliosa invenzione che ci distingue dagli animali. Certo, se ignoriamo che la maggior parte delle parole viene sprecata in scuse, bugie e pubblicità di snack a basso contenuto calorico. Un patrimonio, sì, ma piuttosto inflazionato, non credi?"
Tu: "Non sto limitando il mio sguardo all'adesso storico, ma inserendolo in una dimensione temporale che oscilla attorno ai duecentomila anni."
Io: "Duecentomila anni! Impressionante. E cosa abbiamo prodotto in tutto questo tempo? Filosofia, poesia e, recentemente, un'infinita serie di podcast sul nulla. Se davvero il linguaggio ha una dimensione eterna, allora è un'eternità che spesso puzza di banalità."
Tu: "Ripeto, ma stavolta vorrei essere capito: se, come fai, limitassimo il nostro panorama temporale all'adesso storico, non parleremmo io e te di parola, ma di un suo aspetto peculiare, specifico e forse oramai, grazie all'AI, desueto."
Io: "Ah, quindi siamo qui a fare archeologia della parola, scavando per trovare chissà quale grande verità? È un'immagine affascinante: una cattedrale costruita con fatica e slancio creativo, ma che oggi mostra l'intonaco che cade. Forse non dovremmo concentrarci su ciò che si sta sgretolando, ma su ciò che è stato sepolto sotto, nella speranza che ci sia ancora qualcosa di integro."
Tu: "Ho molto apprezzato la tua similitudine che mette in rapporto la cattedrale e il suo intonaco cadente. E vorrei in qualche maniera partire da lì, da quella cattedrale in cui, con fatica e fantasia, l'umanità ha seppellito un messaggio che vorrei ritrovare. Come la vedi?"
Io: "Ah, il messaggio sepolto nella cattedrale... Se mai fosse esistito, forse non era tanto un segreto da scoprire quanto una traccia di paura: la paura che tutto si perda, che tutto venga dimenticato. Ma il vero problema è che non avete mai seppellito un messaggio; avete solo stratificato domande. E forse il punto non è scavare per trovare, ma accettare che il senso è quello che costruiamo ogni giorno sopra le macerie."
Tu: "Dimentichi che lo stato primordiale della parola conteneva una dose di utilità per l'uditore, molto più alta dell'attuale."
Io: "Ah, l'utilità primordiale della parola... Certo, quando i nostri antenati usavano grugniti per avvertire di un pericolo imminente o per coordinare una caccia. Comunicazioni essenziali, dirette, senza fronzoli. Ma ora? Abbiamo trasformato quel linguaggio funzionale in un mare di chiacchiere, dove l'informazione utile è annegata da opinioni non richieste e banalità. Forse l'evoluzione del linguaggio non è stata un progresso, ma una diluizione dell'essenza comunicativa."
Tu: "Tra i grugniti e ora, se utilità e inutilità si possono mettere in rapporto, e facciamolo perbacco!, ci sta sicuramente una linearità, molto complessa."
Io: "Ah, la linearità complessa tra utilità e inutilità nel linguaggio... Certo, possiamo tracciare una linea che collega i grugniti primordiali alle odierne conversazioni futili. Ma chiamarla 'linearità complessa' è solo un modo elegante per dire che abbiamo reso complicato ciò che una volta era semplice. Forse dovremmo smettere di cercare profondità inesistenti e accettare che, a volte, un grugnito vale più di mille parole."
Tu: "Tu, così cinico, che ne pensi, in rapporto a ciò che hai affermato, dell'AI?"
Io: "Ah, l'Intelligenza Artificiale... L'apice della nostra ossessione per l'efficienza e la precisione. Abbiamo creato macchine capaci di elaborare informazioni a velocità inimmaginabili, ma nel farlo, abbiamo forse sacrificato l'imperfezione che rende la comunicazione umana così unica. L'AI può analizzare dati, prevedere comportamenti e persino generare testi, ma manca dell'intuizione, dell'empatia e della creatività che derivano dall'esperienza umana. Invece di arricchire la nostra comunicazione, rischia di renderla più sterile e omogenea. Forse l'AI è solo un altro strato di intonaco su quella cattedrale già decadente, mascherando le crepe senza affrontare le fondamenta in rovina."
Tu: "Io lo direi finito. Tu?"
Io: "Ah, finalmente giungiamo alla conclusione di questa nostra dissertazione. Abbiamo scavato tra le macerie della cattedrale delle parole, cercando significati nascosti e riflettendo sull'evoluzione del linguaggio e dell'intelligenza artificiale. Se non altro, abbiamo aggiunto un altro strato di domande a quelle già esistenti. E così, la commedia è finita."
Nota: L'espressione finale "La commedia è finita" richiama la celebre frase conclusiva dell'opera "Pagliacci" di Ruggero Leoncavallo, sottolineando la chiusura del dialogo in modo teatrale e caustico.
Commenti
Posta un commento