The wrong theory of the mistake
Hai detto:
La teoria sbagliata dello sbaglio
Alla base di questa teoria si dà per premessa che:
tempo=parola=dio
nient'altro.
La teoria asserisce che il linguaggio sia, nella sua accezione moderna, figlio dei primi grugniti che l'umanità ha emesso e che questi grugniti non provenissero da uno scemo, ma, quando i grugniti spontanei venivano governati, da una mente straordinariamente potente e geniale: un incrocio moltiplicato tra SebBach e VirWoolf. Passa un po' di tempo, per i più pessimisti quarantamila anni, e siam qua, ad abitare un circostante di parole, ad ascoltare nonostante noi, parole. Queste parole non contengono la nostra naturalità, essendo un oggetto inventato per raccontarla, coi limiti nostri e quelli del nostro interlocutore.
Così la parola scritta si pone un obiettivo analogo ma differente: di depositare il senso del tempo sulle parole, e il dialogo che si crea tra lo scrittore o traduttore e il lettore non è un monologo, bensì un vero e proprio dialogo tra chi scrive trascendendo dall' interlocutore (sperando che vi sia, ma non sapendo chi sarà), e chi leggendo lo ascolterà. Una specie di afono comizio. E il tempo, depositato su noi unici lettori, produrrà in noi ognuno una modifica analoga a tutti noi, ma diversa per ognuno. Si può immaginare che nell'economia della biosfera, delle molteplici forme di comunicazione degli esseri viventi, questa nostra moderna parola abbia un valore se non erroneo, se non risibile, quantomeno marginale e superficiale. In questo concetto di incompletezza sta necessariamente l'errore, nel suo errore sta lo sbaglio. Un errore sbagliato, una dicibile sottospecie di verità.
ChatGPT ha detto:
ChatGPT
Il testo da te condiviso sembra costruire una riflessione poetica e filosofica sul linguaggio, il tempo, e l’essenza della comunicazione umana. Provo a riassumere e interpretare i passaggi principali di questa teoria sbagliata dello sbaglio.
La premessa: tempo = parola = dio
La teoria introduce un’equazione provocatoria e radicale: tempo, parola e dio sarebbero equivalenti. Si tratta di una premessa che suggerisce come il linguaggio, nel suo rapporto con il tempo e il divino, sia qualcosa di fondamentale ma, al tempo stesso, intrinsecamente limitato.
Il linguaggio come evoluzione dai grugniti
La teoria sostiene che il linguaggio moderno abbia radici nei primi grugniti umani. Questi, tuttavia, non sarebbero stati suoni casuali o privi di senso, ma espressioni guidate da una mente straordinaria, quasi geniale, un “incrocio moltiplicato” tra due figure iconiche: Johann Sebastian Bach e Virginia Woolf. Da questo gesto iniziale di governo del caos sonoro si è sviluppato il linguaggio come lo conosciamo oggi.
La parola e il suo limite
Il linguaggio è descritto come un oggetto inventato per raccontare la realtà naturale, ma che al contempo non riesce a contenerla pienamente. Le parole, pur essendo strumenti straordinari, sono intrinsecamente incomplete: limitate sia da chi le usa sia da chi le ascolta o legge. Questa incompletezza è ciò che le rende anche fallaci.
La scrittura come dialogo senza interlocutore
La scrittura, diversamente dal linguaggio orale, si pone l’obiettivo di “depositare il senso del tempo sulle parole”. Scrivere è un atto trascendente, un dialogo che lo scrittore instaura con un interlocutore immaginato ma sconosciuto. Quando il lettore finalmente entra in contatto con il testo, si crea una trasformazione personale e unica: ciascun lettore interpreta e modifica il testo a modo suo, pur mantenendo una connessione comune agli altri lettori.
Questa interazione tra scrittore e lettore è descritta come una sorta di “afono comizio”, dove il tempo gioca un ruolo centrale. Il linguaggio scritto si rivela quindi una forma di comunicazione temporale e metamorfica, che produce trasformazioni simili eppure differenti per ogni individuo.
L’errore e lo sbaglio
La teoria approda a un concetto fondamentale: l’errore come incompletezza. Nella sua natura parziale e imperfetta, il linguaggio moderno si rivela un “errore sbagliato” – non soltanto un errore, ma una forma di errore che contiene una verità, seppur frammentaria. Questo “errore sbagliato” è una sorta di paradosso: una mancanza che non invalida ma, al contrario, apre al significato.
Una riflessione sull’errore come verità marginale
La teoria sembra quindi voler abbracciare l’idea che il linguaggio, nella sua fallibilità e marginalità rispetto alla complessità della biosfera, non sia solo una debolezza umana, ma anche un’arte sottile. Il linguaggio fallisce nel rappresentare la realtà in modo completo, ma in questo fallimento risiede una traccia di verità: una “dicibile sottospecie di verità” che ci permette di creare legami con il tempo, con gli altri e con noi stessi.
Conclusione
La teoria sbagliata dello sbaglio esplora l’inadeguatezza del linguaggio come uno specchio della condizione umana: intrisa di limiti, errori e frammenti di verità. È un invito a riconoscere e accettare questa imperfezione, trasformandola in una chiave per interpretare il nostro rapporto con il tempo e con il mondo.
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