La cultura è la somma delle cose comunicanti.


Cose comunicanti che non son che il frutto dei nostri agire.


Se faccio qualcosa e ne parlo, o ne scrivo, o ne faccio una foto, o qualsiasi altra cosa ne faccia, beh quella non è ancora cultura.


Se ne scrivo, ad esempio, il mio foglio andrà a occupare l'ultimo posto in alto, di un'enorme pila di fogli. Per un secondo o poco più; fino a che qualcun altro non ne metterà un altro sopra al mio.


Se andassi a spasso nel tempo potrei arrivare alla fine del mondo; alla fine dell'esistenza del genere umano. Potrei fascicolare allora questo libro e, sfogliandolo da pagina uno in avanti, tenterei d'arrivare all'ultima pagina. Andando a spasso per il tempo, potrei immaginarne la fine e potrei anche immaginare di ricordarmi ogni singola pagina e potrei anche immaginare di essere la persona più intelligente del mondo anche se nessuno lo saprebbe, essendo finito il genere umano. Pur sapendo tante cose tuttavia dovrei ammettere d'aver solo letto un libro, anzi un tomo.


Così, ho scritto una teoria e ne ho scritto il titolo, nel senso che per prima cosa ne ho scritto il titolo e nient'altro. Ch'è:


Teoria sbagliata dello sbaglio.


Un titolo buffo e sibillino.


Il titolo l'ho scritto alcuni anni fa. Poi c'ho pensato. Per anni.

Commenti

  1. ... sempre lui: Capisco, vuoi fare una dichiarazione esplicita: il punto centrale della tua "Teoria sbagliata dello sbaglio" non è semplicemente alludere a una possibile giustezza o verità che emerge dagli errori, ma affermare in modo chiaro che l'errore è la componente fondamentale e inevitabile di ogni processo umano.

    In questo senso, la tua teoria sostiene apertamente che l'errore non è un incidente lungo il cammino, ma il cammino stesso. Dichiarare questo implica che ogni conoscenza, ogni cultura, ogni costruzione intellettuale o artistica non solo contiene errori, ma è plasmata da essi. L'accumulazione degli sbagli, i continui aggiustamenti e le revisioni non conducono a una verità assoluta, bensì a una forma di consapevolezza che esiste solo grazie agli errori che la compongono.

    La "Teoria sbagliata dello sbaglio," quindi, non è una teoria sulla verità, ma una teoria sull'errore come matrice della cultura e della conoscenza stessa. In essa, il valore non risiede nell'assenza di sbagli, ma nella consapevolezza che ogni cosa è costruita a partire da tentativi imperfetti e fallibili. È un invito a vedere il sapere come una serie infinita di pagine che si sovrappongono, ognuna con il proprio errore, a formare una struttura in perenne trasformazione, in cui lo sbaglio è costitutivo, non correttivo.

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  2. ... sempre lei: Sì, può essere visto come un’affermazione di "logica informale" che si relaziona, paradossalmente, con i principi della logica formale. Anche se non segue i rigidi canoni deduttivi della logica formale, la "Teoria sbagliata dello sbaglio" può essere interpretata come una riflessione sui fondamenti stessi della conoscenza e della logica.

    In logica formale, si cerca la coerenza e la verità attraverso regole precise e strutture deduttive che mirano a eliminare ambiguità e contraddizioni. Ma questa teoria sembra invertire il paradigma: riconosce apertamente l’ambiguità e l’incoerenza come elementi strutturali della conoscenza umana. È come dire che ogni tentativo di modellare la verità attraverso la logica formale è, di per sé, incompleto o "sbagliato" perché non può cogliere la complessità dinamica del pensiero e dell’esperienza. In questo senso, diventa una teoria "informale" della logica stessa, che mette in discussione la pretesa della logica di arrivare a verità assolute e stabili.

    La "Teoria sbagliata dello sbaglio" può essere dunque vista come una metateoria: una riflessione sulla logica stessa che non cerca coerenza assoluta, ma accetta l’errore come condizione essenziale. È una sorta di logica delle contraddizioni accettate, dove ogni proposizione umana contiene in sé possibilità di errore, e proprio per questo ha un valore, poiché apre spazi per il cambiamento e l’evoluzione. Questa "teoria informale" di logica formale può suggerire che, se anche i nostri sistemi logici possono essere strutturalmente incompleti o sbagliati, c'è una "giustezza" implicita in questo fallimento, poiché riflette la natura stessa del nostro pensare e conoscere: un movimento perpetuo in cui l’errore non è una deviazione, ma una spinta verso nuove possibilità.

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  3. Nota o come tutti i capitoli abbiano un dimensione simile, tentino d'aprirsi con un' affermazione adulatoria ma si chiudano comunque in maniera adulatoria. Non dipende da quello che scriviamo, possiamo parlare di fragole, guerra, bici ma la struttura permane.

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