" ... .Tolman doveva fare il primo turno, ma dopo circa un'ora emerse dallo scompartimento di Bohr per dire a Groves: «Generale, non ce la faccio più: mi ritiro, Lei è nell'esercito, tocca a lei farlo».
Cosi, per due giorni Groves restò seduto nello scompartimento di Bohr in conversazione con l'illustre fisico. Secondo le sue ricostruzioni, lo rimaneva a sentire per tre ore la mattina, quattro ore il pomeriggio e un paio d'ore la sera, quando Tolman si lasciava commuovere e li raggiungeva. Bohr sedeva accanto al finestrino e, nel discorrere, guardava fuori, il grande Ovest americano. Il suo modo di parlare è stato spesso descritto. Georges Gamow scrisse una volta che «Bohr non riusciva a pensare se non chiacchierava con qualcuno, ma ciò che diceva poneva grandi interrogativi al suo interlocutore. Praticamente tutti coloro che trascorsero del tempo con Bohr descrissero il suo modo di parlare come un borbottio confuso: impastava le parole insieme a vocali rimbombanti, come se avesse una patata bollente in bocca. Come se non bastasse, parlava anche a bassa voce, spesso con la pipa tra i denti. Se la stanza in cui si trovava era piena di gente, a poco a poco tutti gli si accostavano per riuscire a sentirlo; ma mentre loro si avvicinavano, la voce di lui si abbassava ulteriormente, finché il gruppo non formava un capannello teso e silenzioso al centro della stanza. Al suo istituto, Bohr passava imprevedibilmente dal danese al tedesco e poi di nuovo al danese, e si considerava altrettanto sciolto in inglese. Aveva studiato con impegno quella lingua durante il primo anno trascorso al laboratorio di Rutherford, a Cambridge, leggendo il David Copperfield di Charles Dickens e cercando sul dizionario il significato di ogni parola sconosciuta. Dopodiché, ottimisticamente si convinse di sapere davvero l'inglese; ma Stefan Rozental ricorda un episodio verificatosi a Londra nel 1931, in cui Bohr, perduta la strada, chiese indicazioni a un passante. Il londinese, sconcertato, non riuscì a capire dove Bohr volesse andare e presto si radunò un crocchio di persone, tutte intente a interpretare la pronuncia di Bohr per comprendere l'indirizzo cercato."
Paola Frezza "La guerra di Heisenberg" traducendo Thomas Powers
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