La fiera della vanità
Ogni tanto mi capita di scrivere. Scrivo frasi, periodi, miniracconti. Io di frequente leggo e leggendo ciò che scrivo devo ammettere che faccia schifetto. Quando, chi sa che ogni tanto scrivo, per celia mi dice: “mo senti, lo scrittore!" io gli rispondo che no, sono uno scrivente tutt'al più.
A scuola in italiano ho sempre fatto schifo e, così come tanti, nei temi non sapevo cazzo mettere e adottavo la frusta strategia di scriver largo. Mi sono così specializzato in questa frusta, lo ripeto, strategia che da scrivente dilettante al posto di libri faccio miniracconti.
Essendo che oramai scrivo col piccì, la strategia di scriver largo non funziona, così mi son specializzato a scriver meno e meno e meno ancora fino ad aver affinato una tecnica, una sottospecie di stile narrativo.
Questo stile mi ha portato a scrivere, da scrittore questa volta sì, parole, quelle sequenze alfabetiche che vanno dentro ai vocabolari. Ne ho scritte quattro o cinque fino ad ora e non mi interessa sapere se andrò avanti o no. Ritengo altamente improbabile che quantomeno una di loro mai entrerà in un vocabolario.
Una di queste sequenze è di dodici lettere. Non credo che sia la migliore della manciata tuttavia ha una sua peculiarità che la fa diventare ‘na roba tipo Guinnes dei primati (scimmie, lemuri, etc.): chiunque digitasse la sequenza in gugol vedrebbe la mia parola al primo posto. Ne son fiero.
Commenti
Posta un commento