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Il bambino è solo e cammina nella strada che in piena luce, scende appena dalla principale; non sarà lunga più di una ventina di metri e la costeggia un muretto dove, a intervalli regolari, sono piantati sottili paletti di ferro. Ad essi una rete a losanghe di filo di ferro con guaina di plastica verde. Al contatto non macchia e non taglia quand'è nuova e questa lo è. Il bimbo ci appende le mani ed infila il naso in una maglia e la bocca in un'altra. Lo vede. Una mano si stacca dalla rete e si infila in una tasca a cercare qualcosa. Il cane è un giovane pastore tedesco. Io sono Rasti e lui Rintin, così pensa il bimbo. Il cane sarà a cento metri. Vede qualcosa e drizza le orecchie. Il bimbo resta immobile e fissa il cane. Lo sa che verrà qui da lui. Il cane scodinzola e accenna a muoversi. Trotta e poi galoppa e, quando con un balzo gli atterra dinnanzi, il bambino sente uno schizzo di bava sul volto.
Il bimbo era certo che il cane sarebbe venuto. Lo sapeva quando inguadrato guardava. Sapeva che il cane non avrebbe percepito quel suo sguardo eppure non voleva far altro, il bimbo, che guardare. Guardarlo come entrando in lui. Se non ci fosse stata la rete il bimbo sapeva che ce l'avrebbe fatta. Se non ci fosse stata la rete. Così pensava il bimbo. Se non ci fosse stata la rete.
La mano, uscendo dalla tasca, si avvicinò al naso umido del cane che usò la lingua per afferrare quel pezzo di gnocco avanzato da scuola. Il cane ingoiò e continuò a slappare. Il bimbo allora fintò alcune volte accennando una piccola corsa ora in qua ora in la. Il cane parallelo alla rete lo seguiva e, cambiando di traiettoria, capitombolò un paio di volte. Il bimbo non voleva smettere in quel gioco. L'aria gelida gli faceva bruciare la gola ma aveva caldo e sudava e, allora si fermò. Tentò di inalare a pieni polmoni e la gola gli dolse. Appoggiò la manì ai ginocchi ed attese di risentire il battere del cuore riemergere dal turbinio dell'affanno. Sollevò la testa. Si avvicinò alla rete sorridendo e una lingua gli deterse una palpebra. Il bimbo si incamminò ed il cane con lui sino all'angolo oltre cui quella rete di plastica e ferro lo avrebbe fermato. Il bimbo, leggermente davanti, camminava e con la manica strofinò la palpebra e non si girò perché non voleva vedere quell'attimo. Quando fu certo che il cane non poteva che, restando, allontanarsi da lui, prese a girarsi. Camminava e si girava. Si girava e guardava la rete. E guardava il cane fermato dalla rete. Il bimbo si accorgeva che, pur volendo star li, si stava muovendo. Ma quando fosse arrivato a casa, si chiese, allora non sarebbe stato un po' come il cane nel recinto? Se il cane veniva a trovarlo, per finta, ovviamente,, avrebbe potuto infilare un qualcosa attraverso la rete? E soprattutto come avrebbe potuto accorgersene lui dal suo recinto con la sua rete intricata tutt'attorno?
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